Successione: il coniuge superstite ha diritto di abitazione nella casa familiare?

In base all’art. 540, comma 2, del codice civile, al coniuge superstite, anche in presenza di altri chiamati all’eredità, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.

Art. 540 cc – Riserva a favore del coniuge

Art. 540, comma 2, del codice civile.

Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli.

Tuttavia occorre che la casa e gli arredi siano “di proprietà del defunto o comuni” (tra marito e moglie) e non anche di terzi estranei alla eredità.

La finalità dell’istituto del diritto di abitazione attribuiti dall’art. 540, comma 2, c.c. prevedono che spetta al coniuge superstite – anche ove si apra una successione legittima e anche nel caso di concorso del coniuge con i figli (art. 581 c.c.) e nel caso di concorso del coniuge con ascendenti, fratelli e sorelle (art. 582 c.c.) – la tutela sul piano patrimoniale e su quello etico-sentimentale, evitandogli i danni che la ricerca di un nuovo alloggio cagionerebbe alla stabilità delle abitudini di vita della persona.

Successione e diritto di abitazione

I diritti previsti dall’art. 540, comma 2, c.c. si costituiscono automaticamente in capo al coniuge superstite all’apertura della successione (che avviene nel luogo e nel giorno della morte del de cuius) perfino in presenza di un’attribuzione testamentaria della casa familiare o dei mobili che la arredano in favore di terzi.

Secondo il Tribunale Ancona (vedasi la sentenza della Sez. II, del 14/10/2019, n.1712) il valore capitale di tali diritti previsti dall’art. 540, comma 2, c.c. deve essere detratto dall’asse ereditario prima di procedere alla divisione dello stesso tra tutti i coeredi, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato, e senza che, perciò, operi il diverso procedimento di imputazione previsto dall’art. 533 cod. civ., relativo al concorso tra eredi legittimi e legittimari e strettamente inerente alla tutela delle quote di riserva dei figli del de cuius.

Il problema sorge solo nel caso in cui il de cuius (cioè colui che è deceduto e della cui eredità si parla) era comproprietario in vita con altri soggetti (non marito e moglie) della casa e degli arredi.

In questo caso si confrontano due distinti orientamenti dottrinari e giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento il legislatore si è voluto riferire sia all’ipotesi di un immobile in comproprietà tra i soli coniugi, sia nella ipotesi di comunione tra il de cuius e altri chiamati alla successione (ad esempio i figli) o addirittura tra il de cuius e terzi soggetti estranei (non eredi).

Tale orientamento dottrinale prende spunto dalla valutazione per la quale se il de cuius era comproprietario con terzi soggetti il coniuge superstite risulterebbe danneggiato (ad esempio come nel caso in cui il de cuius di proposito ceda a terzi una quota di proprietà – magari anche piccola – della casa familiare).

Una altra parte della dottrina ritiene invece che l’art. 540 c.c. escluda il diritto di abitazione e di uso dei beni se vi è un comproprietario estraneo alla successione.

Sulla questione si è espressa anche la giurisprudenza. La Cassazione, dopo qualche prima incertezza, ha ritenuto di dover far prevalere la natura qualitativa dei diritti presi in considerazione. In tal modo la Suprema Corte ha optato per far prevalere l’aspetto etico e affettivo derivante dall’ambiente in cui il coniuge superstite ha convissuto con il de cuius garantendogli il diritto del godimento della casa adibita a residenza familiare e dei mobili che la corredano.

Tale ultima soluzione appare maggiormente in sintonia con la lettera e lo spirito dell’art. 540 c.c.

Infatti risulterebbe crudele, dopo la morte del coniuge, infliggere al coniuge superstite anche il pericolo di perdita improvvisa del proprio punto di riferimento abitativo.

Si badi bene, però, che tale ragionamento vale solo nell’ipotesi in cui l’abitazione coniugale adibita a residenza familiare prima del decesso del coniuge, sia stata in proprietà esclusiva del de cuius o della coppia di coniugi. Nel caso in cui, invece, l’abitazione era in comproprietà con soggetti estranei all’eredità non si applica l’art. 540 c.c. e il coniuge superstite non potrà vantare il diritto di abitazione e di uso dei beni contenuti in essa.

Il nostro consiglio come Studio Legale è quello di rivolgerti ad un avvocato civilista esperto in successioni e diritto civile e familiare che possa offrire consulenza legale in maniera efficace.

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